Radiografia d’un sistema incompatibile con lo Stato di diritto.
Il report dell’accesso al Centro di Permanenza per il Rimpatrio di via Corelli a Milano (*)

Introduzione

Delle pene senza delitti. Istantanea del CPR di Milano” è il titolo del Rapporto stilato dopo l’ispezione effettuata dal senatore Gregorio De Falco e dalla senatrice Simona Nocerino all’interno del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Milano. Un’ispezione svoltasi nelle giornate del 5 e 6 giugno del 2021 insieme agli attivisti della rete Mai più lager – No ai Cpr.

«Ci piacerebbe poter dire» ha spiegato Teresa Florio a nome della rete milanese contro la detenzione amministrativa nella conferenza stampa di presentazione del dossier che si è svolta a Palazzo Madama il 9 settembre «che questo dossier ha dei contenuti straordinari ed eccezionali, che parla di cose che non sono mai state viste prima, ma in realtà ciò che abbiamo dovuto constatare è quello che è successo nei precedenti centri di detenzione analoghi e negli altri CPR in Italia. Quello a cui abbiamo assistito è una sistematica violazione dei diritti umani intesi in senso generale anche di mancato rispetto della dignità umana e in primis quello alla salute».

Il senatore De Falco ha sottolineato «gli aspetti paradigmatici che denotano un istituto che è fortemente discutibile sotto il profilo della compatibilità con il diritto costituzionale, con lo stato di diritto in generale, e quindi è discutibile che debba permanere nell’ordinamento italiano. Un istituto che è basato sul trattenimento delle persone in assenza di una qualsivoglia tipo responsabilità di queste persone, perché connota il trattenimento per ciò che sono». Alla conferenza stampa durante la quale si è ricordato l’iniziativa del 15 settembre con la richiesta delle e dei giornalisti di entrare nei CPR, era presente anche Mauro Palma, Garante Nazionale dei detenuti e delle persone private della libertà personale.

La pubblicazione del Report avvenuta a fine luglio «segue varie diffide volte alla liberazione di singoli trattenuti in condizioni sanitarie incompatibili con il trattenimento in un CPR e si accompagna al deposito di due esposti penali con i quali si ipotizza il reato di lesioni e tortura aggravata in concorso e il reato di rifiuto di atti d’ufficio con la richiesta di sequestro preventivo del centro».

Il Rapporto è costituito da due parti. La prima destinata a descrivere le inadempienze dell’ente gestore del Cpr, le violazioni dei diritti, i problemi strutturali del Centro, e le mancanze della Prefettura. La seconda, invece, raccoglie una serie di testimonianze delle persone trattenute.

Prima di analizzare nello specifico il Report, è bene ricordare, seppur brevemente, che i Centri di Permanenza per il Rimpatrio sono, di fatto, luoghi di detenzione per soggetti che non hanno commesso alcun reato. Si tratta, in altre parole, di strutture carcerarie «per persone innocenti, a con ancor meno diritti di quelli garantiti ai reclusi del sistema penitenziario». Una condizione che rende ancor più inaccettabile quanto descritto nel Report e che dovrebbe spingere ad una profonda riflessione sull’istituto del trattenimento amministrativo.

A) Violazione e carenze accertate

Il Rapporto è impietoso e evidenzia in maniera chiara tutte le mancanze e le superficialità dell’ente gestore della struttura e non solo.

Sono molteplici le mancanze riscontrate dai senatori Nocerino e De Falco nel corso della loro visita ispettiva.

In primo luogo, come raccontano gli stessi parlamentari, nei due giorni di ispezione, preannunciati al Prefetto di Milano con circa 24 ore di anticipo, non è stato possibile interfacciarsi con nessun rappresentante legale dell’ente gestore. «Sentiti telefonicamente, sia il direttore che il responsabile amministrativo hanno rappresentato di essere impossibilitati a presenziare, dal momento che nel weekend non sono soliti frequentare il Cpr». Circostanza questa a dir poco singolare in quanto dà l’idea di una struttura che durante il fine settimana si trova a vivere uno stato di “abbandono” che non è accettabile.

In secondo luogo, sono state evidenziate alcune circostanze molto precise circa l’organizzazione e la distribuzione del personale e dei servizi:

  1. Il giorno 5, in ambulatorio non è stato reperito alcun medico per tutta la durata dell’accesso, quindi per oltre 3,5 ore risultano presenti solo due infermieri, che si stavano dando il cambio di turno, entrambi assunti da meno di 1 mese». Stessa situazione si ripropone il giorno 6 per tutta la durata dell’accesso;
  2. I trattenuti nei giorni dell’accesso erano 45-46, collocati in due settori abitativi senza distinzione di spazi tra richiedenti asilo o meno, e provenienti dal carcere;
  3. A fronte di 45-46 trattenuti erano presenti 2 o 3 operatori dell’Ente Gestore, 1 o 2 infermieri; nessun medico; circa 50 unità tra personale della Polizia di Stato, dei Vigili del Fuoco, dell’Esercito e della Prefettura per il servizio di vigilanza.

Quanto rappresentato evidenzia una serie di carenze di carattere amministrativo e gestionale che sono inaccettabili anche e soprattutto perché hanno ricadute dirette ed evidenti sui diritti dei soggetti trattenuti.

Altre evidenti mancanze riscontrate hanno riguardato poi la procedimentalizzazione e la tenuta dei registri di legge. Troppa discrezionalità è lasciata al Gestore senza lacuna possibilità di controllo.

Ancora, lacunose sono apparse le procedure per l’accettazione dei trattenuti all’ingresso, con particolare riguardo alla valutazione delle loro condizioni di salute. Da questo punto di vista, gravissima risulta essere la mancanza di un protocollo di intesa tra Prefettura e ASL che, in base al Regolamento CIE 2014 è preordinato ad offrire una valutazione imparziale ed obiettiva dell’idoneità del trattenuto alla vita di comunità ristretta, alla erogazione di prestazioni specialistiche con tempi di attesa adeguati, alle attività di vigilanza sulle attività sanitarie e sulla conservazione, manipolazione e somministrazione dei pasti.

Anche rispetto al personale in servizio presso la struttura, il Report evidenzia come vi siano carenze di personale (operatori, medici, infermieri, psicologi, mediatori linguistici) e in alcuni casi la concentrazione di più ruoli su una stessa persona.

In ultimo, i Senatori Nocerino e De Falco hanno accertato l’assenza di una cucina o di fornelli nella diretta disponibilità dei trattenuti. L’unica fonte di approvvigionamento è uno spaccio con prezzi sproporzionati (es. tavoletta di cioccolato al latte euro 5).

B) I diritti negati

Dopo aver analizzato tutte le mancanze amministrative e gestionali, il Rapporto si sofferma sulle violazioni constatate per quanto riguarda i diritti. Da questo punto di vista, i Senatori si concentrano su:

  • rischi per la salute dei trattenuti;
  • libertà negata sulla comunicazione con l’esterno;
  • dignità umana.

1. Diritto alla salute

Rispetto ai possibili rischi per la salute dei trattenuti, il Rapporto esprime con molta chiarezza che «può affermarsi senza tema di smentita che chi è trattenuto nel Cpr di Milano è sottoposto ad un grave rischio per la propria incolumità personale, per svariati motivi».

Ciò è determinato dalla mancanza di un presidio medico validamente presidiato in un contesto nel quale oltre la metà degli ospiti, per stessa ammissione del direttore (nonché medico della struttura) assume farmaci (psicofarmaci) e oltre il 15% degli ospiti ha mostrato nel corso del tempo un peggioramento importante delle proprie condizioni psicologico-psichiatriche. «D’altro canto, gli atti di autolesionismo sono all’ordine del giorno, nel Centro, e i tentativi di suicidio sono frequentissimi e in costante crescita, dall’apertura del Centro stesso».

Ancora sul rischio alla salute, si sottolinea nel Report che la mancanza di un protocollo tra Prefettura e Asl impedisce ai trattenuti di poter accedere a cure e visite specialistiche presso il servizio sanitario pubblico nazionale in tempi ragionevoli. Altro corollario inevitabile della mancanza del suddetto protocollo è la l’assenza di assistenza da parte di strutture pubbliche ai soggetti tossicodipendenti.

2. Libertà di comunicazione

Nel Report si sottolinea come vi siano delle pesanti limitazioni del diritto di comunicazione con il mondo esterno che, di fatto, incidono direttamente sullo stato psicofisico del trattenuto, sulle relazioni con i propri affetti, nonché sul diritto di difesa.
Si tratta di odiose limitazioni che sono state oggetto anche di interventi da parte dei Tribunali italiani, anche dal Tribunale di Milano proprio su ricorso presentato da un cittadino straniero trattenuto presso il Cpr di via Corelli, ma che resta ancora questione irrisolta a causa delle resistenze della Prefettura.

3. Dignità umana

Sempre nel Report vengono evidenziate tante piccole mancanze quotidiane che minano la dignità umana. Mancanze che attengono alle pulizie e ai servizi igienici.

Le pulizie dei moduli abitativi infatti sono affidate direttamente agli “ospiti” mentre dovrebbero essere effettuate dal Gestore della struttura.

Ma soprattutto, si registra una situazione che oltrepassa il limite della decenza rispetto alla condizione della sala mensa, dei cortili esterni e dei bagni interni. Nei bagni interni «la sporcizia impera dappertutto, e le turche (non vi sono water), claustrofobiche, sono separate una dall’altra da divisori senza porte, il che impedisce di avere alcuna privacy».

C) Le responsabilità

Il Report quindi evidenzia una serie di responsabilità da parte di diversi soggetti per la situazione registrata. Se vi è infatti una evidente responsabilità del Gestore della struttura per tutta una serie di mancanze rappresentate, non si possono nascondere le gravi mancanze delle istituzioni, in primis della Prefettura. Infatti, la delega a soggetti privati di compiti dello Stato non esime quest’ultimo da responsabilità per la mancanza dei controlli e per la inadeguatezza dei servizi offerti.

Concludendo, si ritiene doveroso ricordare che, quanto riscontrato all’interno del Cpr di Milano non è una situazione eccezionale e che purtroppo sono tante le “denunce” che vengono da altri Centri similari rispetto alle condizioni del trattenimento. Una situazione che il nostro ordinamento giuridico non può continuare a tollerare.

«Le conclusioni tratte dalla fortissima esperienza dell’accesso del 5 e 6 giugno 2021 ci sembrano obbligate. La netta impressione è che il Centro di Permanenza per il Rimpatrio di via Coretti sia un lazzaretto su una zattera alla deriva, sulla quale sono state lasciate persone private, oltre che della libertà personale, anche di una tutela sanitaria degna di tal nome».

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(*) ripreso dalla pagina Fb – https://www.facebook.com/NoaiCPR – della Rete “No ai Cpr”