NON-SOLO-NUMERIPrimo Marzo; dal 2010 è una giornata di lotta e di rivendicazione a partire dai diritti delle persone migranti che attraversano terre e mari, in fuga dalle miserie per ricercare una dimensione di umanità capace di donare muova speranza di vita. Una speranza che abbandona molte delle persone che vivono la cittadinanza del proprio paese con l’ansia della precarietà. Una giornata che anzitutto raccoglie una comune aspettativa e ripropone un cammino unitario.

Appello Primo Marzo 2015!

VolantinoPrimoMarzo2015
Lettera Aperta al Sindaco di Milano

È notte, sento bussare forte. Non so chi è, o meglio non vorrei saperlo. Da quando è giunta la lettera di sfratto non faccio altro che pensare a come sarà questo momento. Mio marito è sdraiato vicino a me, lo sento piangere anche se è voltato dall’altra parte; orgoglioso com’è non vuole farsi vedere! A me invece le lacrime rigano il viso senza sosta. Come faremo a svegliare Marisol e Armando per portarli fuori con questo buio? Sento urlare: “Aprite ufficiale giudiziario”! Ho paura. Vorrei tenere chiusa quella porta, o meglio, vorrei avere una casa dove non aver paura ad aprire la porta.

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Mi chiudo in bagno con l’emozione a mille, non vedo l’ora di provarmi il nuovo mascara che ho comprato con Samantha lunedì pomeriggio. Mi specchio. Ho le guance rosse. Beh, a dire la verità, le ho così tutte le volte che faccio qualcosa di nascosto. Tiro fuori mascara e rossetto, non so con quale dei due iniziare. Sento  bussare la porta. “Giuseppe, esci! Dai che mi aspettano, devo scappare!”  È mio fratello Luca, si farà bello per uscire con qualcuna. Nascondo i miei trucchi nella tasca della felpa. Mi do un’ultima occhiata, devo farmi la barba. Un giorno mi farò bella anch’io per qualcuno. Esco, mi arrendo alla società. Ma prometto a me stesso che è solo per ora. Un giorno sarò me stessa.

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Cammino spesso per Milano e tutte le volte  che sento delle campane cerco con gli occhi la chiesa più vicina. È una gioia sentirle e sapere che i miei fratelli e sorelle sono chiamati a pregare Dio in chiese grandissime e bellissime, piene di storia e di arte. Poi penso allo scantinato dove preghiamo noi, freddamente spoglio. Tutte le volte per entrare devo stare attenta a chinare la testa per non sbattere contro lo stipite della porta.

Vorrei un posto pieno di luce, di colori, pieno di gioia. Voglio anch’io pregare nella mia città, voglio pregare a Milano. 

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Chiudo la porta dietro di me. Ho le lacrime agli occhi, ma non posso piangere. Un fabbro di 40 anni non piange mai. Sicuramente la situazione da qui a fine mese migliorerà. Non possono lasciarmi a casa dopo 10 anni di fedeltà. Dopo 10 anni di vita per questa fabbrica, per questo paese, per la parola lavoro. Cosa dirò a mia moglie, ai miei figli? Che cosa e chi sarò io da domani?

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Sono fuori dal comune. È sera ed è buio, ma il buio che ho dentro di me è peggio. Come si permettono di dirmi che non sono abbastanza per essere candidabile, che non ho le spalle coperte, che non sono di una famiglia importante?! Ho urlato loro che per fare il bene di questa città non bisogna mica avere queste sciocchezze, ma serve solo essere onesti, trasparenti e capaci, doti che loro neanche immaginano. Si sono fatti una grossa risata. Dentro di me ho pensato “un giorno farò il bene di questa città”. Mi giro e mi accorgo di essere fissata da lui, pelle olivastra e occhi verdi come il mare. Scopro di aver pensato a voce alta: “Beata te” – mi dice con il capo chino – “almeno tu puoi votare!  Da straniero neanche quello, a me, è permesso fare”.

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“Marco, io spengere te”. “Si dice spingere Adel, spingere!” Da quando non viene più maestra Viola è Adel che spinge la mia carrozzella, mette in ordine il mio zaino e divide con me la sua merenda. La mamma mi ha detto che non posso più avere una maestra speciale tutta per me perché lo Stato non da più i soldi. Mi sono sentito perso, abbandonato. Le ho detto che avrei dato io i miei risparmi. Poi però è arrivato lui, grosso più di tutti gli altri bimbi, forte e buono. Non parla ancora bene l’italiano, ma neanche io parlo ancora bene l’inglese. Lo aiuterò a fare i compiti. In attesa che torni maestra Viola ho il mio amico Adel.

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Queste piccole o grandi storie umane non hanno colore, genere o nazionalità. Sono le storie di Giovanni e Anna ma anche quelle di Souad e Jorge, di chi ogni giorno lotta per il diritto ad una vita dignitosa!

Una società che non discrimina, una società senza razzismo,
è una società che può garantire i diritti di tutti e di tutte.

1 marzo 2015 – Ore 15.00 piazza Duomo

Per info e adesioni: stessabarcamilano@gmail.com