Basta naufragi. No alla guerra. Libertà di movimento. No Frontex.
Queste le parole d’ordine con cui si conclude, domenica, in Sicilia, il viaggio di Carovane migranti Italia Messico Mediterraneo.

Un progetto che ha girato l’Italia confrontandosi con luoghi di forti criticità o di esperienze virtuose e solidali: dalla Campania del caporalato, alla Terra dei Fuochi, alle terre occupate di Mondeggi.

Un percorso per ricordare la tragedia delle morti in mare, nel primo anniversario del naufragio del 18 aprile 1915.

Quest’anno la Carovana ha messo insieme i migranti centroamericani che scompaiono alle frontiere tra Messico e Stati uniti con quelli inghiottiti dal Mediterraneo o scomparsi a terra dopo essere stati registrati in un Cie, come raccontano i genitori di due tunisini.
Alla Carovana hanno partecipato le madri honduregne che cercano i loro figli in Messico, come Ana Enamorado e le altre che assistono, senza finanziamenti, chi passa sul treno chiamato La Bestia, come Maria Guadalupe Gonzalez Herrera, una delle “patronas”, che danno aiuti umanitari a migranti in Messico lungo le ferrovie.
Ha partecipato al progetto anche uno dei sopravvissuti alla mattanza di Iguala, nel Guerrero, dove gli studenti sono stati attaccati dall’azione congiunta di polizia e narcotrafficanti, e di loro non si è saputo più nulla: sono i 43 giovani della Normal Rural di Ayotzinapa.


Omar Garcia,
uno dei superstiti di Iguala, ha raccontato al manifesto come si sia salvato nascondendosi e poi correndo a perdifiato tra le pallottole. Ha denunciato “l’interessata parzialità di un’inchiesta contraddetta dagli esperti indipendenti”.
Un “crimine di stato che si vorrebbe seppellire con verità di comodo, mandando via in fretta gli ispettori dell’Onu”.
Per questo, Garcia chiede una presenza forte alla solidarietà internazionale “Abbiamo diritto di sapere dove sono i nostri compagni – dice – qualunque sia stata la loro fine, dobbiamo saperlo”.
Molti i partner di Carovane migranti. Fra questi, Amnesty International, che ha colto l’occasione per presentare all’ambasciatore messicano Juan Jose Guerra Abud le 8.000 firme raccolte e indirizzate al Presidente Enrique Peña Nieto, per chiedere un’indagine esaustiva sulla sorte degli studenti vittime di sparizione forzata (info qui).

Carovana-migranti